Cos'è il linguaggio, qual è la sua origine e il suo rapporto con il mito? E, ancora, che ruolo ha la lingua nell'opera di Tolkien, perché l'autore del Signore degli Anelli considera l'uomo una "luce riflessa" capace di sub-creare mondi immaginari tramite le parole? Come ci dice la Flieger in questo volume "le parole sono espressione del mito, incarnazioni di concetti mitici e di una visione mitica del mondo. La lingua ai suoi inizi non faceva alcuna distinzione tra il significato letterale di una parola e quello metaforico, come invece accade ora [...]. Qualsiasi tipo di espressione era letterale e dava direttamente voce alla percezione dei fenomeni ed alla partecipazione intuitiva e mitica ad essi da parte dell'umanità". È a partire da questa teoria della parola e del mito (originariamente proposta da un altro Inkling, Owen Barfield) che Verlyn Flieger in Schegge di Luce elabora un'affascinante interpretazione dell'opera tolkienana, che la critica considera, assieme a La Via alla Terra di Mezzo di Tom Shippey (Marietti 2005) un testo imprescindibile per chiunque voglia cogliere in tutta la sua ricchezza il senso profondo del "legendarium" di Tolkien.
Con una penna affilata e un'intelligenza scintillante, Calvino ha tessuto trame narrative che sfidano i confini della realtà e si inoltrano in mondi fantastici e surreali. Il nucleo centrale del saggio è l'idea che Calvino ha della letteratura, intesa come poetica di confine e "sfida al labirinto", cioè alla complessità del reale. Fasoli analizza quindi le tematiche dell'opera calviniana: Le città di Calvino (quelle biografiche: Torino, Parigi, Roma; quelle letterarie: Le città invisibili). Le ambiguità della storia. L'uomo del Novecento (con i tratti dell'incompiutezza, della fuga dalla realtà, dell'inconsistenza). La crisi della forma romanzo. Il lascito spirituale e letterario.
Quale influsso ha esercitato la Bibbia sulla letteratura mondiale? Nell’analisi di opere letterarie, anche a livello di studi accademici abitualmente teniamo poco conto dei riferimenti alla Bibbia. Forse perché la nostra familiarità con le Scritture ebraico-cristiane è sempre più scarsa.
In questo suo originale lavoro – una storia della ricezione letteraria della Bibbia – Karin Schöpflin espone il contenuto, la forma e il messaggio di singoli scritti biblici e, operando una scelta tra opere “classiche” della letteratura occidentale pubblicate fino alla metà del XX secolo, mostra come poeti e scrittori hanno recepito modelli narrativi, temi, motivi e personaggi tanto dell’Antico quanto del Nuovo Testamento. Contribuendo, lungo i secoli, a renderli ancor di più patrimonio culturale dell’intera umanità.
Questo libro si fa apprezzare per la sua spiccata valenza pluridisciplinare. Per chi si interessa di letteratura stimola a percepire molteplici collegamenti, riferimenti, rielaborazioni, riutilizzi, allusioni e tracce bibliche nelle opere qui prese in considerazione, e di conseguenza conduce ad apprezzare la rilevanza ininterrotta del “grande codice della cultura occidentale” per la letteratura. Per chi si interessa di teologia e di scienze bibliche mette retrospettivamente in nuova luce, attraverso le opere letterarie che li hanno recepiti, non pochi testi biblici.